Autore: Giulio Mozzi

Fermo-paesaggio / 3

Fermo-paesaggio / 3

Fotografia e testo di Simonetta Della Rosa

Luogo: Fornole (Amelia-Tr)

 

Cantiere in movimento

L’enorme braccio di ferro verniciato di giallo è fermo, sospeso in aria. Appesa all’estremità della parte più stretta la bocca spalancata di una benna vuota, dall’altra parte come contrappeso un’enorme gabbia riempita da blocchi di pietra. Alla base un piccolo cabinato arancione. A intervalli emette brevi fischi acuti. La base del grande braccio è fissata ad enormi lastre, coperte per metà da sacchi di cemento. Tutto intorno gabbie di ferro, orizzontali e verticali. Ammassate, sulla destra, tavole di dimensioni diverse. Tre operai in tuta chiara le inchiodano alle gabbie battendo. Assillanti. Due ragazzi in maglietta rosso stinto si abbassano e si alzano. Ancora e ancora. Afferrano dei foratini dal mucchio, e li lanciano a un ragazzo a torso nudo, che li posiziona in un perimetro delimitato da nastri.

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Esercizi per l’esplorazione del paesaggio, 19 / Mappe in profondità

Esercizi per l’esplorazione del paesaggio, 19 / Mappe in profondità

di Giulio Mozzi

Focalizziamo. Un vecchio proverbio statunitense dice, più o meno: se qualcosa accade nel Kansas, può accadere ovunque (o forse dice l’inverso: se qualcosa accade da qualche parte, può accadere anche in Kansas). Il Kansas è più o meno al centro fisico degli Stati Uniti d’America (trascurando Alaska e Hawaii):

Il centro degli Usa: il Kansas
Il centro degli Usa: il Kansas

Non esattamente al centro del Kansas, ma proprio per questo forse più vicina al centro degli Stati Uniti, c’è la Chase County:

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Fermo-paesaggio / 1

Fermo-paesaggio / 1

Io che guardavo quell’auto: quell’auto là fuori.
L’auto era di un uomo che aveva inscenato una protesta davanti al tribunale, non muovendosi mai dal piazzale, dormendo in auto per giorni.
Protestava contro una sentenza nei suoi confronti, la protesta di un solo uomo o di un uomo solo, non lo so, eppure l’avvocato di quell’uomo era un mio amico, un mio caro amico, ma non ho mai approfondito più di tanto la cosa, soltanto mi affacciavo e cercavo l’auto nel parcheggio pieno durante l’orario di lavoro o mi affacciavo la sera per guardare l’auto nel parcheggio deserto.

Luogo: Tribunale di Prato.

Fotografia e testo di Lorenzo Mercatanti

[Iniziamo a pubblicare le sette fotografie “finaliste” del gioco “fermo-paesaggio” (regolamento). Questa è la prima. Al gioco hanno partecipato 66 persone. Non ci siamo posti il problema di cercare le fotografie “più belle” o i testi “più belli”: abbiamo scelto quelle accoppiate di fotografia e testo che ci sono sembrate più interessanti – per il loro consonare, per il loro stridere o – al limite – per il loro ignorarsi. fp+gm].

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“Fermo-paesaggio”: ecco il premio per il vincitore del gioco

“Fermo-paesaggio”: ecco il premio per il vincitore del gioco

Qual è il premio per il vincitore del gioco-concorso “Fermo-paesaggio”? Avevamo promesso, molto genericamente, dei libri. E libri sono. Quattro. Tre libri di immagini e testo, uno è un libro di solo testo – ma molto immaginoso. Da domani, martedì 6 marzo, pubblicheremo i sette “Fermo-paesaggio” che ci hanno convinti di più. L’ultimo giorno, lunedì 12 marzo, il “Fermo-paesaggio” vincitore.

Questo è il primo:

Abitare il deserto
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Esercizi per l’esplorazione del paesaggio, 18 / Paesaggi invisibili, paesaggi inguardabili

Esercizi per l’esplorazione del paesaggio, 18 / Paesaggi invisibili, paesaggi inguardabili

di Giulio Mozzi

Vi sarà bastata un’occhiata, immagino, per riconoscere il luogo fotografato qui sopra. Si tratta infatti di Köln, detta in italiano Colonia, ridente città della Renania.

La domanda, naturalmente, è: ma perché fermarsi a guardare un paesaggio simile? La risposta, naturalmente, è: perché esiste, e si presenta ai nostri occhi. Ero alloggiato in non so più quale albergo, poteva essere il 2005 o anche prima, e da una finestra sul giroscala mi affacciai, e guardai. Pensai che nulla, in ciò che vedevo, era pensato per essere guardato.

A Köln c’erano molte cose fatte apposta per essere guardate. Il cono gelato di Claes Oldenburg, per esempio:

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Esercizi per l’esplorazione del paesaggio, 17 / In quale universo siamo?

Esercizi per l’esplorazione del paesaggio, 17 / In quale universo siamo?

di Giulio Mozzi

Il cuore del cuore della città nella quale abito, Padova, è costituito dalle “piazze” (per antonomasia). Sono tre: piazza delle Erbe, dei Frutti, dei Signori. Circondano il palazzo della Ragione, comunemento detto Salone (perché l’interno è un’unica, enorme sala), iniziato a costruire nel 1218, già sede del Comune. In piazza dei Signori c’è la torre dell’orologio: la vedete qui sopra (fotografia di Danilo Rizzetto).

L’orologio (il meccanismo, intendo) fu progettato e costruito nel 1344 da Jacopo Dondi, d’allora in poi autorizzato a fregiarsi del nome di Jacopo Dondi dell’Orologio; andò distrutto in un incendio nel 1390, e fu prestamente ricostruito. Non so quanto il meccanismo attuale somigli a quello originario: ma, in fondo, non mi interessa.

Mi interessa il fatto che quell’orologio, così come possiamo vederlo oggi, mostra un tempo piuttosto diverso da quello percepisco io. Il giorno diviso in ventiquattr’ore anziché in dodici; le fasi lunari; i segni zodiacali; e poi: la verticale sulle 18, l’incastro di triangolo quadrato esagono al centro, che non so ben comprendere. Effettivamente, il tempo una volta era diverso. Ma era diverso tutto l’universo.

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Esercizi per l’esplorazione del paesaggio, 16 / Metti al centro una donna nuda

Esercizi per l’esplorazione del paesaggio, 16 / Metti al centro una donna nuda

di Giulio Mozzi

Lasciamo perdere Manet, per il momento (qui sopra il suo celebre Déjeuner sur l’herbe), e prendiamo il discorso alla larga. Questa cosa qui la conoscete di sicuro:

Joseph Jastrow
L’illusione ottica di Joseph Jastrow

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Esercizi per l’esplorazione del paesaggio, 15 / 50 regole per la descrizione di un luogo

Esercizi per l’esplorazione del paesaggio, 15 / 50 regole per la descrizione di un luogo

di Giulio Mozzi

Qualche anno fa, a Mestre, nell’ambito del corso di scrittura organizzato dal Circolo Walter Tobagi, mi toccò una lezione sulla descrizione. Spedii gli allievi nella stazione feroviaria – lì a un passo – con la consegna di andare, guardare, annotare, e poi in aula scrivere la descrizione.

Dopo la lettura degli esercizi provammo a estrarre dagli esercizi stessi, ossia dalle azioni compiute nella stazione ferroviaria, una serie di “regole per la descrizione”. Ne vennero fuori giusto cinquanta. Le metto qui di séguito. L’ordine è casuale (alfabetico, quindi casuale rispetto al contenuto della regola).

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Esercizi per l’esplorazione del paesaggio, 14 / Altre cartoline

Esercizi per l’esplorazione del paesaggio, 14 / Altre cartoline

di Giulio Mozzi

Nell’estate del 2009 mi inventai un gioco. All’epoca il Facebook non era ancora così importante (e invasivo) com’è oggi, e la sede del gioco era il mio bollettino vibrisse. Lo spiegavo così:

La proposta è: se andate in vacanza, ma anche se non ci andate, mandatemi una cartolina illustrata. Nello spazio bianco, dove di solito si scrive “Cordiali saluti”, o “Saluti da Saluzzo”, o “Vorremmo tanto che foste anche voi qui a Campobasso”, o “Qui a Tradate è tutto così bello!”, eccetera, provate a scrivere invece una storia breve. Brevissima. Che ci stia appunto in quello spazio. Se possibile, una storia che abbia una relazione con l’illustrazione della cartolina. Io scannerizzerò e pubblicherò qui in vibrisse […] tutte la cartoline: illustrazione e testo. Basta che arrivino entro il 15 settembre. Mi riservo il diritto di non pubblicare le cartoline recanti immagini o testi che mi sembrino inopportuni.

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Esercizi per l’esplorazione del paesaggio, 13 / Cartoline, cartoline!

Esercizi per l’esplorazione del paesaggio, 13 / Cartoline, cartoline!

di Giulio Mozzi

Uno dei testi più fascinosi, noiosi e imbarazzanti prodotto da Georges Perec si trova nel piccolo libro (pubblicato postumo, è una raccolta di cose varie) L’infra-ordinaire (Seuil 1989; in Italia uscì come L’infra-ordinario nel 1994 presso Bollati Boringhieri, ma è da tempo fuori catalogo: peccato) e s’intitola: 243 cartes postales en couleurs véritables. Non mi ricordo come traducesse l’edizione italiana, ma il significato è: 243 cartoline in colori autentici. Perché colori autentici? (véritables). Perché negli anni Settanta, evidentemente, quando il testo fu scritto, restava ancora memoria (o forse esistevano ancora) delle cartoline a colori non autentici, ossia prodotte con fotografie in bianco e nero colorate in fase di stampa (se siete giovani e non capite, non preoccupatevi: erano affascinanti, e orribili).

Le cartoline illustrate, vi piaccia o no, costituiscono un genere letterario. Nel momento in cui (se lo fate ancora) vi sedete al tavolino del bar e tirate fuori le cartoline destinate a nonno, nonna, zia, cuginette, maestra delle elementari diventata ormai decrepita, amici che sapete in vacanza in luoghi forse più forse meno ameni di quello in cui siete voi – eccetera, le regole di questo genere letterario subito si affacciano alla vostra mente. Come il buon giornalista, nel momento in cui si siede a scrivere un pezzo di cronaca, senza nemmeno stare a pensarci su attacca subito con le celebri “5 W” del giornalismo inglese (Quis, quid, ubi, quibus auxiliis, cur, quomodo?), così – secondo Perec e i suoi terribili amichetti dell’Oulipo, che ci ragionarono in una qualche serata presumibilmente alcolica – una buona cartolina di saluti dalle vacanze non può non contenere questi cinque punti: “localisation, considérations, satisfactions, mentions, salutations“; ovvero non può non rispondere alle domande: dove siamo? Che aria tira? Cosa c’è di bello? Una cosa in particolare?, e poi chiudere con i saluti.

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