Pillole di paesaggio/4 – Cornice e campo

Pillole di paesaggio/4 – Cornice e campo

di Fiammetta Palpati

[Pillole di paesaggio è la nuova rubrica che raccoglie brevi testi, introduttivi al ragionamento e alla pratica del paesaggio nella narrazione, e imperniati su una coppia di termini – talvolta delle vere e proprie antinomie, più spesso accostamenti frutto di nostre scelte, o del senso comune. «Cornice e campo» è la coppia su cui ragioniamo in questo articolo. fp]

Il pittore esegue il quadro, una cornice sarà applicata poi; il più delle volte non dal pittore stesso ma dall’acquirente o dall’intermediario (commerciante, gallerista, semplice corniciaio). Nei casi più fortunati la cornice avrà una relazione, per esempio stilistica o cromatica, con il quadro; oppure la cornice sarà minimale, potrebbe, per così dire, nascondersi per non rubare attenzione al quadro.

Ma il pittore, in realtà, ha già applicato una propria cornice: il telaio che regge la tela, e che delimita quella porzione di spazio che è destinata a ricevere senso accogliendo la pittura, accogliendo quella porzione del continuum spazio-temporale degli eventi, del narrabile, dell’esperibile, che l’artista ha scelto di rappresentare, inscenare, rielaborare, trasfigurare, narrare, simbolizzare.

Qualcosa di simile accade anche nella narrativa: copertina, formato, grafica – talvolta titolo –  sono scelti dall’editore che fa come farebbe un gallerista o un corniciaio: sceglie in relazione a ciò che ha nel proprio catalogo e a ciò che gli altri editori mandano in libreria. Certo, qui stiamo considerando storie e dipinti come oggetti, come prodotti, non come qualcosa che esista al di là del proprio aspetto concreto e finanche riproducibile. Ma pensate che anche nelle espressioni artistiche più effimere e meno legate a un oggetto finito, come per esempio la performance art, la cornice, cioè lo spazio-tempo, il luogo e il momento in cui avviene l’atto artistico, è ancora più determinante. 

Una volta, in prima elementare, prima ancora di imparare a scrivere si imparava a fare le «cornicette», con le quali si contornava la pagina. A che cosa servivano? Erano un esercizio all’ordine – un ordine di esecuzione, ma anche di osservazione; sviluppavano la manualità fine e, soprattutto, il senso dello spazio di lavoro. Il bambino, trasformando in cornice il bordo della pagina di quaderno, era come dicesse: questo è il mio foglio, qui sono le mie scelte, qui il mio ordine, le mie parole, le mie immaginazioni, i miei pensieri, il mio nome. Le cornicette invitavano a considerare ogni compito svolto una piccola opera.

Il nostro prossimo laboratorio, il «Romanzo del paesaggio: Sublime contemporaneo», comincia a febbraio 2022. Il programma completo è qui e le iscrizioni sono aperte.

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