Io che guardavo quell’auto: quell’auto là fuori.
L’auto era di un uomo che aveva inscenato una protesta davanti al tribunale, non muovendosi mai dal piazzale, dormendo in auto per giorni.
Protestava contro una sentenza nei suoi confronti, la protesta di un solo uomo o di un uomo solo, non lo so, eppure l’avvocato di quell’uomo era un mio amico, un mio caro amico, ma non ho mai approfondito più di tanto la cosa, soltanto mi affacciavo e cercavo l’auto nel parcheggio pieno durante l’orario di lavoro o mi affacciavo la sera per guardare l’auto nel parcheggio deserto.Luogo: Tribunale di Prato.
Fotografia e testo di Lorenzo Mercatanti
[Iniziamo a pubblicare le sette fotografie “finaliste” del gioco “fermo-paesaggio” (regolamento). Questa è la prima. Al gioco hanno partecipato 66 persone. Non ci siamo posti il problema di cercare le fotografie “più belle” o i testi “più belli”: abbiamo scelto quelle accoppiate di fotografia e testo che ci sono sembrate più interessanti – per il loro consonare, per il loro stridere o – al limite – per il loro ignorarsi. fp+gm].
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E bella anche perché non si capisce quale sia l’auto descritta, ce ne sono tante. Lui la descrive perché lo sa: cioè, si può descrivere solo sapendo prima che cosa.:
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Il tribunale non andava citato…
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Forse ho letto male le regole del giuoco?
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Adire il vero anche piazzale e auto, però…
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Ma no, Maria Cristina, non hai letto male. D’altronde tra le indicazioni si diceva pure che non erano da prendere troppo rigidamente. Quello che ci premeva stabilire era che non ci interessava un testo puramente didascalico, cioè descrittivo di quello che l’immagine già mostra di per sé. E poi ognuno ha fatto a modo proprio. Questo testo non spiega niente di quello che si vede. Io, per dire, ci vedo soprattutto lo sguardo di chi sta al di qua del vetro.
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Allora ho inviato l’immagine sbagliata.
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