[Pillole di paesaggio è la nuova rubrica in cui raccoglieremo brevi testi, introduttivi al ragionamento e alla pratica del paesaggio nella narrazione, e imperniati su una coppia di termini – talvolta delle vere e proprie antinomie, più spesso accostamenti frutto di nostre scelte, o del senso comune. «Figura e sfondo» è la coppia su cui ragioniamo in questo articolo. fp]
di Fiammetta Palpati
Nelle botteghe dei pittori di un tempo l’esecuzione dei paesaggi era affidata, per solito, agli allievi più giovani o meno promettenti, mentre l’artista riservava a sé le figure, il primo piano. I paesaggi erano una parte – e la meno decisiva – di un’opera. Se l’artista ne faceva, ne faceva per studio: tele e colori a buon mercato, spesso acquarelli, che teneva per sé. Leonardo fu tra i primi a dedicare ai suoi sfondi una cura capillare, una sorprendente ricchezza di effetti visivi, prospettici e cromatici, frutto di approfonditissime osservazioni sull’occhio, la luce, la percezione. Pensate alla cortina montuosa che si staglia tra le arcate nel dipinto «La Vergine del garofano»: a quanto si fatichi a considerarla un mero sfondo, benché sia ancora ciò che si vede alle spalle della Madonna.
Il paesaggio dunque contiene, accoglie, ospita la figura – la figura umana in primo luogo – il figlio dell’uomo. Il suo scopo è rendere evidente ciò che è in primo piano, ciò che deve essere visto. Ha valore relativo, è il mezzo di contrasto, l’ingresso della luce. Ma il sostantivo «sfondo» viene dal verbo «sfondare», e questo, a sua volta, da «fondo» la cui «s» iniziale dà valore di contrario: sfondo è ciò che non ha fondo, ciò che rompe il fondo, che passa da parte a parte, ciò che è pro-fondo . Ciò che mostra altro.
Avete presente gli esempi di illusioni ottiche che dimostrano il famigerato principio di figura e fondo nella psicologia della Gestalt Si tratta di immagini ambigue, nelle quali è impossibile determinare quale sia lo sfondo e quale la figura, in cui sfondo e figura rappresentano alternativamente due cose molto distanti tra loro e che non possono essere colte simultaneamente. La più famosa di queste illusioni è quella del vaso di Rubin in alternativa al quale è possibile vedere due volti di profilo.
Nella psicologia della percezione lo sfondo è ciò che ci appare lontano e meno definito; ciò che non può essere colto simultaneamente a ciò che leggiamo come la figura (o primo piano), che non scompare mai del tutto e, soprattutto, condiziona la percezione della figura.
Ecco: in un romanzo, un racconto, una storia insomma (che sia disegnata o narrata) il gioco tra figura e sfondo è identico. Il paesaggio può essere considerato ciò che è sullo sfondo, che accoglie, ospita, fa risaltare la scena (o l’intera storia), i corpi, i movimenti, le parole – condizionandoli o determinandoli – oppure può essere l’altra figura, l’altro primo piano. Diventare esso stesso figura, essenza, narrazione.
Il nostro prossimo laboratorio, il «Romanzo del paesaggio: Sublime contemporaneo», comincia a febbraio 2022. Il programma completo è qui e le iscrizioni sono aperte.
