di Fiammetta Palpati
[Un paesaggio – o un’idea di paesaggio – accomuna un annuncio immobiliare a una poesia di Marianne Moore. Nel mezzo una scelta semiseria, in alcuni casi provocatoria, di testi molto vari per scopo, struttura e funzione: un manuale di giardinaggio e una delibera comunale, un racconto e una guida turistica, una canzone pop e un saggio filosofico, un libro di storia e un taccuino di viaggio.
Quello che vi propongo in questa rubrica è un tentativo giocoso di stressare un soggetto che nonostante la sua giovane età, o in virtù di essa, dimostra un certo appeal sia per la produzione artistica che per la riflessione teorica. Dieci esempi disparati ma accomunati dal fatto di raccontare direttamente o indirettamente, incidentalmente o con intenzione, uno dei luoghi comuni più affascinanti. Proseguiamo, dunque, con un manuale di giardinaggio. fp].
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All’inizio degli anni ottanta entrai in possesso dell’appezzamento di quindici acri nel sud-ovest del Surrey dove ho costruito la mia casa. Il terreno ha una forma pressoché triangolare, più ampia a sud e digradante a nord ovest. Nei nove acri più a nord vi era una fitta foresta di Pini comuni ora abbattuti, poi un’ampia fascia di bosco ceduo a Castagni e, lungo il sottile orlo esterno, un piccolo campo di terra povera e sabbiosa. Quel campo sabbioso è oggi un orto produttivo, mentre lo spazio centrale è occupato dalla casa e dal giardino circostante, con fiori e aiuole. La zona più elevata e selvaggia, disboscata dai Pini, è andata presto riempiendosi di giovani presenze nate spontaneamente: minuscole pianticelle di Pino, Betulla, Agrifoglio, Quercia, Sorbo degli uccellatori e Castagno comune. Queste piante sono cresciute tutte assieme, ma mi sono premurata di tenere ogni genere un po’ a parte, così da avere in futuro una macchia naturale per ciascuna essenza. Lo spazio più vicino al centro è stato bonificato per mettervi a dimora le Azaleee e per creare una piccola brughiera di Eriche. Ora, trascorsi quarant’anni, tutto è cresciuto assumendo le sembianze di una soddisfacente maturità. Sotto gli alberi erano stati piantati dei Narcisi, mentre altri spazi erano stati riempiti con Mughetti e, più di recente, con le mie Digitali candide. Il giardino naturale è quasi esclusivamente costituito da una regione ombrosa dimora di Felci rustiche, Trillium, Poligonati … Non desidero altre piante, in quanto penso che tra tutti i tipi di coltivazione per diletto, sia proprio il giardino naturale a necessitare la massima cautela e moderazione. (G. Jekill, Il testamento di un giardiniere, Roma, Franco Muzzio Editore, 2001, pp. 17-18; 1^ed inglese 1937)
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