[Un paesaggio – o un’idea di paesaggio – accomuna un annuncio immobiliare a una poesia di Marianne Moore. Nel mezzo una scelta semiseria, in alcuni casi provocatoria, di testi molto vari per scopo, struttura e funzione: un manuale di giardinaggio e una delibera comunale, un racconto e una guida turistica, una canzone pop e un saggio filosofico, un libro di storia e un taccuino di viaggio.
Quello che vi propongo in questa rubrica è un tentativo giocoso di stressare un soggetto che nonostante la sua giovane età, o in virtù di essa, dimostra un certo appeal sia per la produzione artistica che per la riflessione teorica. Dieci esempi disparati ma accomunati dal fatto di raccontare direttamente o indirettamente, incidentalmente o con intenzione, uno dei luoghi comuni più affascinanti. Proseguiamo, dunque, con un atto amministrativo. fp].
«Il PA (piano attuativo, NdA) prevede in particolare la realizzazione di un edificio a destinazione commerciale Punto Vendita Eurospin ubicato tra la strada Regionale 205 Amerina (…) Attualmente sul terreno, insiste un edificio industriale dismesso, ex officine meccaniche Cerasi e come dichiarato nel Rapporto Preliminare Ambientale con il PA il proponente intende restituire dignità e decoro alla zona, demolendo l’edificio fatiscente per realizzarne uno nuovo di uso commerciale e architettonicamente in armonia con i complessi residenziali e commerciali posti nelle immediate vicinanze. Aspetti territoriali e relativi ai paesaggi archeologici. L’intervento si configura come il recupero di un area produttiva dismessa, la cui attività sembrerebbe attualmente disorganica rispetto alle destinazioni d’uso presenti nell’ambito urbano interessato; al contrario l’insediamento di un attività commerciale appare in consonanza con gli usi dell’ambito stesso. Per quanto sopra e considerando anche la conformità de PA con il vigente PRG, si ritiene che le previsioni dello strumento urbanistico in argomento non producano effetti negativi significativi nel contesto strategico-ambientale, relativamente agli aspetti territoriali e dei paesaggi archeologici. Aspetti paesaggistici. Pur apprezzando l’operazione di demolizione della realtà industriale attualmente esistente e in disuso, che costituisce oggi un forte detrattore paesaggistico per la zona, si evidenzia che nel Rapporto Preliminare Ambientale il progetto è solo sommariamente descritto (…) la documentazione fotografica allegata è stata effettuata da punti di vista individuati a ridosso dell’area di intervento e non permette la comprensione della visibilità dell’area di intervento dai punti panoramici presenti nel centro storico di Amelia (…) constatata l’alta qualità paesaggistica del contesto storico tutelato posto immediatamente a ridosso dell’area di intervento (…) si chiede che il Rapporto Preliminare Ambientale venga integrato con i seguenti elaborati…»
(Determinazione dirigenziale n. 8616 del 15/09/2016 della Giunta Regionale dell’Umbria. Corsivi miei.)
Per questo quarto esempio chiedo ai lettori un pochino di sopportazione. Vi propongo infatti un atto amministrativo, una delibera regionale che, come tutti gli atti giuridici che deliberano, cioè prendono decisioni che poi diventano fatti concreti, sono testi regolativi: prescrivono cosa va fatto. Nel nostro esempio cose che non esistono esisteranno, e cose che esistono non esisteranno più. Detto altrimenti: costruire, demolire.
Come ogni atto che aspiri alla validità, cioè che deve in primo luogo dimostrare di essere coerente con le norme superiori e in secondo di essere finalizzato al bene comune, anche la nostra determinazione dirigenziale della Regione Umbria è costituito, in larga misura, da un lungo elenco di “Visto”, “Preso atto”, “In considerazione di”, eccetera. Cioè una serie di motivazioni e giustificazioni – le gergali pezze d’appoggio – per quelle poche righe finali che, di fatto, esprimono la decisione presa: prescrivono il da farsi.
Il brano che ho estrapolato è tratto, appunto, dalle considerazioni e motivazioni in fatto di paesaggio. Per la precisione di un parere espresso dal Servizio Pianificazione e tutela paesaggistica – un ufficio che, nell’ultimo decennio è diventato un passaggio ineludibile, e spinoso, per qualunque commissione edilizia (eh già, lamenta il buon geometra comunale: non basta più rispettare il piano regolatore, le deroghe, i cavilli sulla sicurezza, sulla fattibilità e compagnia bella. No. Bisogna considerare anche il paesaggio. Che barba.)
In effetti dall’anno 2000 il paesaggio è entrato ufficialmente, a livello europeo, nella riflessione e nella determinazione giuridica; nel diritto e nella politica. Per il nostro piccolo excursus linguistico-testuale si tratta di un transito interessante. Con la firma della “Convenzione Europea sul paesaggio” gli stati firmatari si sono, infatti, impegnati a individuare, tutelare, riqualificare, gestire e pianificare il paesaggio a cui viene riconosciuto l’essere un bene comune, non solo per i beni che contiene (naturali e culturali) ma come bene in sé, come un fattore di qualità di uno specifico ambiente di vita. All’articolo n. 21 si legge: “Le popolazioni europee … Ritengono che tale qualità poggi, tra l’altro, sulla sensazione di come esse stesse percepiscono, in particolar modo visualmente, l’ambiente che le circonda ovvero il paesaggio”.
Ora, la convenzione non è una legge vincolante, è un documento di indirizzo su cui gli stati firmatari concordano e poi, a catena, subordinatamente, ciascuno promulga provvedimenti nazionali e locali (nel nostro caso regionali) che attuano o almeno non rinnegano lo spirito del testo su cui si è convenuto. A catena, dicevo. Ma, a ben vedere, è l’ultimo anello quello che davvero – paradossalmente – prende le decisioni più incisive o, come si dice in gergo, più impattanti. Anche sul paesaggio. Quello che lo determina. Ai livelli superiori c’è solo un diritto di veto: si può solo autorizzare o non autorizzare.
E qui torniamo al nostro esempio: sono i piani regolatori municipali (i PRG) e i loro sviluppi attuativi – come nel nostro caso, in cui si tratta di un Piano Attuativo di iniziativa privata approvato dal Comune che la Regione deve aver poi autorizzato, visto che il supermercato è operativo da luglio scorso – quelli che davvero decidono cosa, dove, come, quando, quanto. E perché. Non vorrei annoiarvi con l’insistenza su questo strumento urbanistico, e sul peso che esso finisce per avere, nel bene e nel male, sulla vita di ogni cittadino, ma chiunque sia anche soltanto passato per gli uffici comunali per un documento qualsiasi deve aver còlto che la vera politica si svolge lì: nei dipartimenti tecnici, dove transitano le pratiche dei permessi a costruire, i cambi di destinazione d’uso e documenti simili.
Ma torniamo al nostro “testo con paesaggio” (avanzato dal privato cittadino, dicevo, e approvato dal Comune) e analizziamo la risposta della Regione che deve esprimersi sulla necessità o meno di sottoporre il Piano stesso alla procedura di Valutazione Ambientale Strategica, vale a dire a un approfondimento. (una rogna anche dal nome, per il nostro funzionario comunale).
Nel caso in oggetto ai nostri amministratori è andata bene: una pratica in meno. La procedura di VAS non è stata ritenuta necessaria: il deliberatore regionale pur avendo agito in nome e per conto del valore paesaggistico – termini che tornano ripetutamente all’interno del testo – si è accontentato di chiedere un’integrazione della documentazione. Ma l’estensore è astuto: per mettersi al riparo da eventuali reclami si esprime con verbi dubitativi; si accontenta di come le cose sembrano.
Ciò di cui ci si convince dalla lettura è che l’estensore dell’atto scrive di paesaggio sciattamente, reiterando sviste morfologiche e sintattiche (e speriamo che siano sviste) e, soprattutto, esordendo con una delle più evidenti corbellerie di tutto il testo: sostiene che la costruzione di un punto commerciale ad iniziativa privata è motivato dall’intento di restituire dignità e decoro alla zona. Non, quindi, da quello di avviare una redditizia attività commerciale – cosa nella quale, peraltro, non ci sarebbe niente di male.
Nella discesa verso gli enti locali, paradossalmente, il paesaggio è diventato un orpello, un handicap, una vessazione per la quale, al massimo, ci si adopera per trovare pezze d’appoggio.
E se mentre la “brava gente” salisse in paradiso, sulla sua nuvola privata, angelicamente il paesaggio scendessse agli inferi…. e alla fine della canzone tutto in prescrizione, mentre noi stiamo a guardare senza purtroppo vedere o comunque con un grande senso d’impotenza?
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Francesca, secondo me guardare non è mai neutro, anche se non toglie il senso di impotenza.
La canzone è questa?
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