[Un paesaggio – o un’idea di paesaggio – accomuna un annuncio immobiliare a una poesia di Marianne Moore. Nel mezzo una scelta semiseria, in alcuni casi provocatoria, di testi molto vari per scopo, struttura e funzione: un manuale di giardinaggio e una delibera comunale, un racconto e una guida turistica, una canzone pop e un saggio filosofico, un libro di storia e un taccuino di viaggio.
Quello che vi propongo in questa rubrica è un tentativo giocoso di stressare un soggetto che nonostante la sua giovane età, o in virtù di essa, dimostra un certo appeal sia per la produzione artistica che per la riflessione teorica. Dieci esempi disparati ma accomunati dal fatto di raccontare direttamente o indirettamente, incidentalmente o con intenzione, uno dei luoghi comuni più affascinanti. Con questo ottavo esempio siamo nella letteratura, e con la forma narrativa per eccellenza: il racconto. fp].
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«… l’ampia spianata di ghiaia biancheggiava alla luce di mezzogiorno, polverosa. Un lungo muretto diroccato segnava un vecchio confine. Antri scavati nel fianco della collina erano nascosti dai detriti. Nessun rumore proveniva dai loro interni, sebbene correnti sotterranee e flussi d’aria si muovessero in continuazione. Alcuni camini trapassavano tutta la roccia della collina e sbucavano più in alto, sul pianoro, in fessure del terreno sottili e disadorne. Da lì entrava l’aria che soffiava giù fino agli antri nascosti, limando dai primordi le pareti di roccia, sgretolandola a poco a poco, portando sabbie finissime in basso, mescolate alle acque sotterranee, ai sali spurgati dalle pareti lentamente.
Al fondo della spianata il terreno cominciava a rialzarsi. Dalla prima catena montuosa erano cadute sbriciolandosi, e cadevano continuamente, pietre che a loro volta producevano frane. Massi di varie dimensioni erano disseminati sul pendio e pareva che la ghiaia della spianata fosse una loro ulteriore, ma in ogni caso non definitiva, riduzione in frammenti (…) Era una pietraia arida su cui il suono anche di un solo ciottolo caduto da un rialzo poteva produrre con le sue vibrazioni altri smottamenti. L’aria che si muoveva compatta levigava e levigava quelle rocce infinitamente asportando veli impalpabili di materia dalla superficie dei minerali e quando un’ultima briciola saltava nel vento tutto l’equilibrio poteva cedere e persino lastre larghe e spesse che erano rimaste migliaia di anni nella stessa posizione cominciavano a pendere verso il basso. In alto la pietraia finiva con nettezza contro la massa montagnosa che saliva in verticale, nuda e ruvida. Da quella massa si era staccata tutta la pietraia pezzo per pezzo. Il fianco della pietraia sembrava sollevarsi dalla pietraia stessa, emergere slanciato in alto, e in parte questo era vero: l’erosione dei venti e delle piogge veniva contemporaneamente riequilibrata dal moto di sollevamento della catena montuosa. Tuttavia era invece la pietraia che enorme digradava lungo quei fianchi a essersene staccata come per scorticatura dall’alto in basso con la forza del peso.
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