di Giulio Mozzi
La fotografia qui sopra è di Gualtiero Bertoldi (Padova, via Morgagni). Guardatela bene, e domandatevi: cosa c’è che non va?
(Prendetevi due minuti; io intanto metto su il caffè).
Ci siete arrivati? No? Allora ve ne propongo un’altra, sempre di Gualtiero Bertoldi. Guardatela ben bene:

Allora? Avete capito? Sì? No?
(Un momento, che spengo e verso).
Allora: già nella prima fotografia, quella in cima all’articolo, avreste potuto notare che le righe verticali sono troppo parallele. Nella seconda, quella qui sopra, la faccenda è patente: quando la guardiamo, guardiamo, per così dire, qualcosa che l’occhio umano non può vedere.
Un po’ come succede in certi quadri del Canaletto, che rappresentano una Venezia vista con un’apertura di sguardo di più di 140 gradi:

(Se volete approfondire la questione degli inganni prospettici di Canaletto e di altri vedutisti, potete leggere qui un articolo divulgativo di Camillo Trevisan).
Per non parlare delle fotografie “panoramiche a 360 gradi”, che erano tanto di moda nelle cartoline degli anni Settanta e che qualcuno, di tanto in tanto, rispolvera:

Ora: la deformazione – chiamiamola così – che Gualtiero Bertoldi mette in atto nelle sue fotografie è certamente più lieve e insensibile di quella dello Studio Reon. E si potrebbe sostenere, non senza qualche ragione, che sottraendo l’immagine alle deformazioni indotte dalla struttura fisica dell’occhio umano nonché dalla struttura fisica dell’occhio fotografico, si produce non una “deformazione” ma una “riformazione”: si restituisce insomma la fotografia alla realtà, o la realtà alla fotografia – vedete voi.

Il fatto è che fotografie come queste ci costringono a guardare le cose – le case, nel caso – come di solito non le vediamo, o – se preferite – come di solito non le guardiamo. E ci troviamo costretti ad ammettere che sì, in effetti, la fotografia non ha, come magari ingenuamente pensiamo, un rapporto facile con la realtà.
E le domande sono, dunque: quando guardiamo un paesaggio, quali sono le “deformazioni” (dovute alla nostra struttura fisica, per esempio: che prevede un alto, un basso, una destra, una sinistra, un davanti e un dietro: posizionamenti non privi di un valore – basti pensare all’alta qualità, a uno sguardo sinistro, a chi ci lavora dietro) alle quali inevitabilmente lo sottoponiamo? E: avrebbe senso cercare di “riformare” queste “deformazioni”? Ma soprattutto: è possibile “riformarle”? Non è che, nel “riformarle”, ne introduciamo altre?
Ogni volta che si parlava della mamma morta, Joan alzava gli occhi al cielo; Mary li abbassava verso terra.
E’ chiaro che Jaon è una fedele credente, Mary un’atea convinta. O no? Forse Joan ama vantare la propria fede, Mary la nasconde umilmente. Forse Joan alza gli occhi al cielo per non scoppiare in un “Uffa!”, visto che tutti continuano a parlarle di quella megera della madre morta; mentre Mary nasconde le lacrime.
(Accidenti, mi si è freddato il caffè).
Se volete approfondire, anche se in maniera divagante, questo argomento, mettetevi comodi e guardate (ascoltare non basta) questa conferenza di Gualterio Bertoldi sulle “bufale fotografiche”. Il titolo è fuorviante: si tratta, infatti, in una bella riflessione su come la fotografia trasforma la realtà, su come la narrazione (fotografica, ma non solo) trasforma la realtà, e su come la fotografia trasforma la fotografia.
Gualtiero Bertoldi – Bufale fotografiche from Davide Tarasconi on Vimeo.
* * *
Di nuovo un tema che mi affascina molto. Mi guarderò anche il video. Qui m’è venuto da dire due altre cose: “le cose – le case, nel caso” mipiacio!
Ma soprattutto: potrebbe anche essere che Mary e Joan siano entrambe molto fedeli e quando viene nominata la loro madre, la prima guarda al cielo convinta che in vita la madre se lo sia guadagnato, mentre Joan non la crede altrettanto “Santa”, sicché se la va a cercare gettando lo sguardo verso gli inferi… 😉
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Ho il vizio di “aggiustare” la prospettiva delle foto scattate con il grandangolo. In effetti le linee divergenti mi mettono ansia e mi sembra che falsino la realtà.
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E così, Joseph, ottieni delle immagini che non corrispondono a ciò che hai visto.
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