di Giulio Mozzi
Non esistono paesaggi sconfinati. Non potremmo percepire il paesaggio, se non ne percepissimo i confini (se non altro quelli del nostro campo visivo; o quelli dei bordi della fotografia o del quadro); e, in fondo, che cos’è un paesaggio, se non un intrecciarsi di confini?

Possiamo farli risaltare:

Possiamo cercare di ammorbidirli:

Possiamo cercare di far risaltare le “masse” piuttosto che i confini:

Ma alla fin fine sempre quello è, un paesaggio: una serie di campi sensorialmente diversi (per colore, per consistenza, per rugosità, per ricchezza materiale ec.) separati da confini.
(A questo punto uno potrebbe dire: “Mozzi, lei sta giocando con carte truccate. Dice ‘paesaggio’ lì dove dovrebbe dire, onestamente, ‘immagine di paesaggio’. Non ci imbrogli”. La mia risposta sarà: “Un paesaggio non esiste, non è percepito, finché non se ne dà un’immagine – pittorica, letteraria, scritta, auditiva, olfattiva. Quindi non si parla mai di ‘paesaggio’, ma sempre di ‘immagine del paesaggio’. Sei d’accordo? Non sei d’accordo? Accapigliàmoci!”).
* * *
Sempre caro mi fu l’ermo colle… ma più di tutto la siepe.
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