Esercizi per l’esplorazione del paesaggio, 33 / Un minuto di niente

Esercizi per l’esplorazione del paesaggio, 33 / Un minuto di niente

di Giulio Mozzi

Qualche tempo fa mi sono divertito – anche se non so se divertito sia la parola giusta – a fare degli ingenui filmati col mio telefono. E li ho pure, spudoratamente, pubblicati, con il titolo (uguale per tutti): Un minuto nella vita di Giulio Mozzi. Non sto a spiegarvi che cosa sono, ve ne faccio vedere tre. Durano un minuto, un minuto e due o tre secondi.

Il primo è preso in una stazione della metropolitana di Milano, il secondo in una via di Padova (dall’autobus), il terzo nella stazione ferroviaria di Ravenna (dal treno).

Sono tre filmati che non dicono assolutamente niente, mi pare. Nella loro brevità, riescono a essere anche noiosi. Come immagini, sono di una bruttezza quasi indicibile. Perfino il sonoro – meglio: il rumore – è fastidioso.

Eppure, io me li sono guardati e riguardati, non so quante volte. (Cosa che non chiedo di fare a voi).

Si dice che Tonino Guerra (poeta, sceneggiatore per Fellini Antonioni e altri, ma anche – almeno per un certo tempo, negli anni Quaranta e primi Cinquanta, insegnante nelle scuole medie) per un anno intero abbia assegnato ai propri allievi, più o meno ogni giorno, sempre lo stesso tema: Ieri sera a cena.

Se i miei piccoli filmati vi fanno (e giustamente) orrore, provate a fare qualcosa di simile voi stessi.

Provate, per esempio, a ricordare, alla sera, le persone che avete incontrate nel corso della giornata o in un momento specifico della giornata (a es. l’andata e il ritorno dal lavoro).

Provate a scrivere, tutti i giorni, ciò che avete fatto al mattino dal momento del risveglio a quello in cui siete usciti di casa – o comunque la giornata si è, per così dire, avviata.

Provate a guardare fuori dalla finestra, e poi scrivere.

Provate a considerare come ogni istante della vostra via sia l’istante più importante della vostra vita.

Provate a riflettere sul fatto, spesso trascurato, che la nostra vita è fatta di una quantità di istanti, di minuti, di ore, di giorni, nei quali ci pare che non accada niente, e che spesso dimentichiamo senza scampo: e tuttavia sono vita, vita, vita.

Provate – e torniamo al paesaggio – quando andate da qualche parte, quando siete in viaggio o quando vi spostate come ogni giorno fate per andare di qua e di là, al lavoro o a fare la spesa o a portare o prendere i bimbi a scuola, eccetera; quando avete la testa piena di pensieri, buoni o cattivi, futili o pericolosi, non importa, ma pensieri che trattengono dentro voi stessi il vostro sguardo, che non vi fanno vedere la bellezza che vi circonda (la caserma della polizia, l’albero rinsecchito, la merda di cane sul marciapiede, il signore che si muove a fatica col deambulatore, il glicine fiorito, il camiom delle mozzarelle fresche parcheggiato male davanti al negozio di alimentari, il palo della luce, il semaforo che fa il suo lavoro, l’uomo vestito male che sta in un angolo d’ombra – oggi, che c’è un così bel sole di primavera – e fuma, quasi di nascosto, eccetera); provate, in questi momenti, a guardare tutte queste cose che non vi interessano.

Ebbene, sì: in questi esercizi per l’esplorazione del paesaggio abbiamo battuto e ribattuto su questo chiodo, forse anche troppo.

D’altra parte, il paesaggio che cos’è? E’ esattamente ciò che non vediamo.

4 pensieri riguardo “Esercizi per l’esplorazione del paesaggio, 33 / Un minuto di niente

  1. Questi tuoi video li avevo già visti; li avevo notati sotto le tue pillole (?) di narrazione (Inventare e raccontare storie). Tornando ai video e più esattamente sulla narrazione quotidiana, lo faccio sempre. In giro, specie sui social, o più approfonditamente sul blog narro ciò che vedo. L’unica differenza dai tuoi video è che io fotografo sul serio o con i miei occhi per poi scriverlo, non riprendo. Non credo cambi molto, basta fissarlo. Andrebbe bene anche un disegno, no? Fuori c’è sempre qualcosa che colpisce e che deve essere narrato. Le storie nascono dal vissuto quotidiano. Grazie per i consigli.

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  2. Uh, Tiziana. Posso intromettermi? Sulla questione video/foto. Io credo che cambi tantissimo. E a modificare è proprio il tempo: soffermarsi su un’immagine non è come rimanere a guardare qualcosa che “ci costringe” a guardarlo. Non so come spiegare. Con la foto scegliamo noi il tempo da investire – anche se è lungo – sulla base di ciò che ci sembra essere utile, il video ci costringe: guardando una foto non potremmo mai annoiarci – credo, a meno che non ci imponiamo una quantità di tempo preciso, tipo dieci minuti di orologio -, mentre un video potrebbe tirarci i nervi se non si è “pronti” o “preparati”, in attesa che finisca (che non si sa mai quello che può accadere). Uguale nella vita. Osservare le cose a lungo, soprattutto se sono immobili, non è così evidente. Un conto è guardare, fissare per un attimo, cercare qualcosa e poi voltare lo sguardo, un conto è dirsi: ora resto qui a fissare questo cestino per cinque minuti di fila, o dieci, o venti. Io sono nata prima come una persona fatta per sostare immobile, quasi invisibile, poi sono diventata velocissima, anche nell’osservare: amo ad esempio gli scatti fotografici in successione e detesto quando la scheda di memoria mi rallenta per il tempo che richiede nel memorizzarli, per dire; tant’è che quando sono passata a fare video, pur costringendomi a sostare più a lungo sulle immagini, mi ritrovavo sempre con filmati nauseabondi, tipo mal di mare, per la fretta con cui distoglievo lo sguardo. Ora – da un po’, un decennio – sono tornata a stare più immobile, e da qualche mese mi sono messa a fissare, non paesaggi ma persone e mi scoccio quando non posso farlo a lungo perché rischio di passare per una maniaca: vorrei avere la possibilità di restare a guardare le persone, le stesse persone, sedute a fare niente a far passare il tempo ad esempio tra una fermata e l’altra per lunghe ore. Quando avrò finito (se riuscirò a smettere) credo proprio che inizierò a fare tutti gli esercizi che sono proposti in questo spazio. Tutti. Credo. Ci proverò.

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    1. Certo che sì può dire la propria. Infatti chiedevo se era la stessa cosa fotografare o riprendere o addirittura fare bozze di disegno. Io mi esercito con le foto, infatti partecipare a “Raccontare il paesaggio” mi era congeniale perché lo faccio sempre, non da ora. Anzi, se sono bloccata in scrittura, lo iuso volentieri il metodo immagini – racconto. Con i video non ho mai provato, con i quadri sì. Mi trovo a mio agio con i fermo immagini non col movimento. Il movimento lo creo nella mia testa osservando gli altri, senza riprendere né soggetti, né luoghi. Tutto soggettivo. E meno male. Ognuno ha i suoi metodi che è bene confrontare. Se dovessi riuscire a scrivere attraverso i video, lo dirò, se può far piacere, sarebbe una nuova esperienza per me. 😊

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      1. Verissimo: tutto soggettivo. ^_^ Le differenze – soprattutto d’opinioni – arricchiscono, eheheh. Scrivere disegnando sarebbe bellissimo: amo le immagini ma non sono capace di riprodurle con i disegni. Bello

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