Fermo-paesaggio / 3

Fermo-paesaggio / 3

Fotografia e testo di Simonetta Della Rosa

Luogo: Fornole (Amelia-Tr)

 

Cantiere in movimento

L’enorme braccio di ferro verniciato di giallo è fermo, sospeso in aria. Appesa all’estremità della parte più stretta la bocca spalancata di una benna vuota, dall’altra parte come contrappeso un’enorme gabbia riempita da blocchi di pietra. Alla base un piccolo cabinato arancione. A intervalli emette brevi fischi acuti. La base del grande braccio è fissata ad enormi lastre, coperte per metà da sacchi di cemento. Tutto intorno gabbie di ferro, orizzontali e verticali. Ammassate, sulla destra, tavole di dimensioni diverse. Tre operai in tuta chiara le inchiodano alle gabbie battendo. Assillanti. Due ragazzi in maglietta rosso stinto si abbassano e si alzano. Ancora e ancora. Afferrano dei foratini dal mucchio, e li lanciano a un ragazzo a torso nudo, che li posiziona in un perimetro delimitato da nastri.

Il grosso braccio si muove lentamente verso sinistra, si abbassa dolcemente per trovare lo spazio dove planare. Due operai – gli stessi, quelli con le maglie stinte – si avvicinano, armeggiano freneticamente, si voltano verso destra – hanno la bocca spalancata – e subito accorre il ragazzo a torso nudo. Dopo un sali e scendi forsennato riescono a sganciare quel becco di colore arancione scrostato e arrugginito. Cercano di inserire allo stesso gancio, appeso al filo d’acciaio, un grande muletto: il filo strattona, strattona ancora; il muletto si alza di qualche centimetro, poi ricade; l’uomo senza maglietta salta su da un lato, armeggia con la corda come a infilare, a raschiare qualcosa. Poi:

«Tiraaa!»

Il braccio si muove appena verso sinistra, si alza ma non di molto, di nuovo i fischi. L’uomo si gira ancora a sinistra, scende sicuro e infila uno dei cubi imballati in una plastica blu con la scritta «POLETTI», strattona ancora. Finalmente si alza, gira velocemente verso destra. Le magliette rosse corrono verso il punto dove il muletto volante deposita, senza esiti, i mattoni forati. Qualcuno sul retro straccia la plastica, l’avvolge con cura e la getta di sotto. Gli altri ricominciano ad abbassarsi e rialzarsi: le dita come ganci si infilano nei fori dei mattoni per prenderne due per mano, sempre più in fretta.

Le colonne di ferro e tavole sono dodici, allineate lungo tutta la parte a sud. Un grosso serpente nero di gomma flessibile collegato ad altri tubi di acciaio attaccati ad una pompa posta sulla betoniera che gira senza sosta, riempiono di calcestruzzo le gabbie delle colonne. Un braccio si alza, la mano aperta, un rumore di stantuffo: la pompa si ferma.

* * *

Dietro al deposito di mattoni rossi, appena sulla sinistra, un fumo bianco e qualche lingua di fuoco si alzano all’improvviso. Due figure si muovono intorno al fumo con un ritmo diverso, alternandosi, con calma, inforcano la potatura degli ulivi e la gettano nel fuoco. Si fermano, le mani incrociate sul manico del forcone, uno ci poggia anche il mento. Guardano e aspettano che il mucchio bruci. Poi di nuovo gettano altre frasche. Il fumo si fa denso, il vento lo spinge verso le magliette rosse e il carico di mattoni. Braccia forti e abbronzate si alzano minacciose verso quella cortina che in un attimo copre ogni cosa.

[Continuiamo a pubblicare le sette fotografie “finaliste” del gioco “fermo-paesaggio” (regolamento). Questa è la terza. Al gioco hanno partecipato 66 persone. Non ci siamo posti il problema di cercare le fotografie “più belle” o i testi “più belli”: abbiamo scelto quelle accoppiate di fotografia e testo che ci sono sembrate più interessanti – per il loro consonare, per il loro stridere o – al limite – per il loro ignorarsi. fp+gm].

* * *

8 pensieri riguardo “Fermo-paesaggio / 3

  1. Maria Cristina: a me pare che un testo di tremila battute sia “breve”. Il bando suggeriva (suggeriva, non imponeva) di non descrivere l’immagine: a me pare che questo testo sia, appunto, un minimo racconto e non una descrizione.

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  2. Bello! A me è piaciuto perché appare un quadro interattivo tra pensiero che pensa ciò che vede. Risulta molto più bello il racconto che la fotografia. Il racconto è vivo ed esercita una pressione, un solco in chi lo legge. La cartolina è una banale riproduzione di un postaccio qualunque. Brava Simonetta. Il tuo racconto non è troppo lungo. E’ bello e è ricco di tante sfumature e di cose piccole, ma che servono per dare anima alle parole. E soprattutto alla cartolina.

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  3. Il racconto mi piace. Il problema sono io che ci cado sempre: confondo i suggerimenti per regole ed eseguo pedissequamente. Purtroppo il mio temperamento artistico non è naturale: è un mio personale tentativo di innesto su un cervello da ragioniere.

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